Tra le dune del Wadi Rum in Giordania

Detesto partire

Piero Pasini

Detesto partire. Non appena conosco la mia nuova destinazione, che mi sia stata assegnata per lavoro o che l’abbia scelta di mia volontà, una sottile angoscia, all’inizio appena percepibile, s’impossessa di me. Dapprima non è nulla, anzi, in me c’è persino dell’entusiasmo e dell’eccitazione. Sfoglio libri e atlanti, studio le cartine per immaginare percorsi e scenari, fantastico sulle opportunità e le esperienze che mi si presenteranno davanti. Mi diverto ad allestire l’auto nel modo più adeguato; perché l’organizzazione è la condizione necessaria per poter fare improvvisazione. Se non viaggio con l’auto, studio con attenzione quale bagaglio possa essere il migliore e di quali dotazioni potrei aver bisogno.

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Tra le dune del Wadi Rum in Giordania
Tra le dune del Wadi Rum in Giordania

‘Che religione si pratica nella destinazione? porto la mia kippah, ci fosse mai una sinagoga.’ ‘Quale cappello potrebbe essermi più utile?’ ‘Cosa potrei leggere mentre sono via? Qualcosa che mi distragga ma anche che mi sia utile.’

Questo è il secondo segnale: penso a pezzi di me da portar via. È un altro segno di inquietudine, un altro indice del fatto che non voglio staccarmi da dove sono. E forse anche da chi sono.

Quindi è via via un crescendo, che mi porta dal disegnare scenari di viaggio, al prevedere problemi di viaggio. Problemi che regolarmente poi si presentano e si risolvono senza alcuna tragedia. Oppure si rivelano inconsistenti, trascurabili, secondari.

I giorni prima della partenza sono caratterizzati da un’ansia crescente, che diviene quasi fisica, alle volte. Il giorno prima è caratterizzato da un umore fra il ‘no, non voglio partire’ e il ‘parto, ma non ho intenzione di farlo mai più’.

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La moschea Al-Aqsa a Gerusalemme © Nick Brundle Photography/Getty Images
La moschea Al-Aqsa a Gerusalemme © Nick Brundle Photography/Getty Images

Chiusa la porta di casa tutto ciò svanisce. Il viaggio è ignoto e disteso davanti a me. Come un tappeto volante, una vasca da bagno turbo, uno scivolo di vetro, una montagna russa che dice: ‘vieni!’. Ed il viaggio è davvero ignoto. Ignote sono le persone che incontrerò, i luoghi che vedrò, le osservazioni che farò, le sensazioni che proverò…l’uomo che sarò.

L’uomo che sarò. Eccola la mia paura di partire. So che in questo viaggio, in tutti i viaggi – esperienza insegna – ci saranno pianti, risa, momenti di sconforto e accessi di entusiasmo.

È in come affronterò tutto questo che scoprirò la nuova pasta di cui sono fatto, il me stesso creato da quel viaggio in particolare, che non è più quello che era tornato dal viaggio precedente e tornerà diverso. Nuovo, migliore, si spera.

Detesto partire. Perché dopo tanti viaggi, il mio inconscio sa che subirò necessariamente un ennesimo percorso iniziatico. Mi troverò allo specchio, sarò orgoglioso di me e autocritico, darò il meglio e il peggio, cercherò soluzioni che adotterò, se necessario, anche se non mi trovano totalmente d’accordo. Quindi il viaggio sarà una lenta morte. E un’altrettanto lenta rinascita dalla quale uscirò con un vissuto nuovo, con esperienze che non potrò, nemmeno se voglio, non considerare più. Nel viaggio devasterò il me stesso attuale per sostituirne dei pezzi e mantenerne in funzione altri. Farò una muta, lascerò il vecchio carapace con dolore, perché mi ci ero abituato, e come un paguro, nel viaggio, dovrò trovarne uno nuovo, esponendomi al pericolo dei predatori, mettendomi nudo, da solo, di fronte a un mondo estraneo.

Detesto partire quindi. Perché come dice il detto: partire è un po’ morire.

Viaggiare invece è (ri)nascere, vivere, rinnovarsi, ammazzare il nostro vecchio io per trovarne uno nuovo, non necessariamente migliore, ma diverso, di certo perfettibile, ma nuovo.

Come un viaggio nuovo.

Viaggiare, quindi, lo adoro.

E solo che per farlo devo decidere di morire.

Piero Pasini, classe 1980, ha una tessera da giornalista in tasca e un dottorato in Storia Sociale appeso al muro. Ha pubblicato diversi saggi, scrive per testate nazionali, collabora con università italiane e sta lavorando alla sua quinta, sesta e settima guida Lonely Planet, ma promette di smettere di contarle da oggi. Quel che è certo è che non smetterà mai di viaggiare e scrivere.